L'idea di scrivere questo articolo mi è venuto da un veloce scambio di battute con Stefano Silvestri. Eravamo davanti ad un buffet a discutere di Need for Speed: World quando, davanti alle mie critiche, mi viene risposto: "Ma tanto è gratuito, cosa ti interessa se è brutto?". La mia risposta è stata: "Anche questo buffet è gratis ma è roba buona. Se ci fosse la merda sopra, mangeresti lo stesso?"
La metafora non era proprio perfetta perchè i F2P, anche quelli che non ci piacciono, che ricevono votazioni basse e vengono magari chiusi dopo pochi mesi non sono per forza merda. Più spesso sono pietanze che poco piacciono ai giocatori occidentali che li snobbano per semplice differenza di gusti, un pò come la famosa zuppa di cane, piatto tipico coreano che in un pranzo occidentale non farebbe un bellissimo effetto.
Per capire come i publisher occidentali riescano a imbandire una tavola con escrementi, per capire il perchè la zuppa di cane venga spesso spacciata per zuppa di pollo e risputata in faccia al cameriere con sguardo disgustato e sopratutto del perchè i piatti più prelibati della cucina orientale facciano fatica a soddisfare i gusti del mercato europeo ed americano, è il mio obiettivo e non c'è punto migliore da cui partire se non i cuochi stessi.
La società coreana e quella cinese sono due mondi completamente distanti, costruite su un modo di pensare difficile da comprendere per noi europei. Il collettivismo, l'annullamento dell'individualità, la mentalità da alveare come la definirebbero alcuni, è un tratto fondamentale di queste società e questo si rispecchia anche nelle loro forme di intrattenimento in qualche modo.
Addentrarsi in questo ambito è qualcosa di veramente difficile per gli esperti, figurarsi per uno come me che si diletta solamente degli argomenti trattati. Fatto stà che se alcuni passaggi dell'analisi dei mercati orientali vi sembra totalmente illogico, contro il senso comune di bello, di divertente o di positivo, è semplicemente perchè un coreano o un cinese si divertono, giudicano e di conseguenza pagano ragionando su parametri lontani dai nostri.
Dal primo Mmorpg coreano, "Nexus", uscito nel 1996, ne è passata di acqua sotto i ponti e in questi 14 anni, come per l'online gaming in genere, c'è stata una continua evoluzione del mercato in Corea che a sua volta ha generato un vero e proprio indotto dell'online gaming. In Corea, nel 2008, quasi la metà della popolazione totale giocava online ad un prodotto che potesse essere un Mmorpg, un browser game, un social game o un qualsiasi gioco multiplayer.
Una base potenziale di più di 20 milioni di giocatori, numeri enormi se paragonati a quelli delle singole nazioni occidentali. Se uniamo tutto questo ad una delle economie più solide, più orientate all'innovazione e alla tecnologia, e ad una società che nonostante l'estremo tradizionalismo ha accolto in maniera pacifica e piena l'online gaming, possiamo capire come, in breve tempo, la Corea sia diventata la culla di fenomeni tutti suoi, primo fra questi, il modello di business Free To Play.
Ma perchè allora puntare su questa novità se il mercato era tanto florido già in partenza? Qui le cause possono essere parecchie e sinceramente non sarei in grado di identificare un punto di rottura che ha scatenato la trasformazione che ha plasmato il mercato coreano moderno, ma si può tranquillamente ipotizzare una saturazione, avvenuta tra il 2002 e il 2004, che ha spinto i vari publisher a puntare molto di più sul Free piuttosto che sulle sottoscrizioni mensili o gli accessi ad ore.
Non è quindi sensato pensare al Free To Play come qualcosa di innato nel mercato coreano che ha tutt'ora grosse fette di utenza ancorate a titoli a pagamento come Lineage I e Lineage II. Tuttavia questi sono più orientati agli hardcore gamer, che come potete immaginare, non raggiungono le cifre citate in precedenza. Siccome nel 2010 c'è ancora tantissima gente su questi titoli, immaginatevi quanto potesse essere difficile schiodarli 5-6 anni fà, quando erano titoli recenti.
Il Free To Play nasce dall'esigenza di catturare fasce diverse della popolazione, interessate ad un divertimento più casual, immediato e, in un certo qual modo, più semplice. Iniziano quindi a proliferare titoli coloratissimi, pensati per il giocatore medio o addirittura per i non-giocatori, cosa che ai tempi scandalizzava i puristi tanto quanto possono farlo oggi i social games su Facebook o altre piattaforme.
Questi primi prodotti tuttavia erano tutti titoli di buona qualità, che non avrebbero di certo sfigurato sotto molti aspetti davanti alla maggior parte dei P2P di quel periodo. Iniziano così ad affermarsi grandi colossi come NHN (tutt'ora il nemico da battere sia in Corea che in USA), Nexon e NetMarble. NCSoft invece arranca, mantenendo una buona dimensione grazie sopratutto ai suoi prodotti occidentali che ne alimentano la crescita.
In tutti i contesti, quando un prodotto funziona, nascono per forza di cose una miriade di imitatori. Un pò come una corsa all'oro, numerosi imprenditori si buttano nello sviluppo di Mmorpg, grazie principalmente alle semplificazioni dovute appunto all'indotto stesso. Il fatto che ci fossero così tante persone interessate a sviluppare, ha dato vita ad una serie di aziende esterne, il cui obiettivo era di sviluppare parti del gioco per conto dell'azienda committente.
Queste richieste non si limitavano al semplice acquisto di un motore grafico, di un motore fisico o di un framework intero per lo sviluppo, cosa che avviene regolarmente anche in occidente, ma arrivava ad un livello molto più alto. Venivano infatti realizzati su commissione i modelli, le textures, gli effetti sonori, le musiche e talvolta anche i testi scritti. In sostanza lo sviluppatore ci metteva l'idea, qualche idea di gameplay e poco altro. Se da un lato questo permetteva di tagliare i costi in maniera drastica, dall'altro creava parecchi risvolti negativi.
Sono infatti una miriade i giochi coreani che sembrano varie istanze di una matrice comune. Spesso quindi non è solo una sensazione di deja vu ma è possibile che voi abbiate già visto quell'armatura, quel menù o sentito quel suono.
Io dopo 3 anni passati su Goonzu, gioco della "Prima Ora", uno di quelli di alta qualità, avevo associato un determinato "Ding" all'arrivo di un Whisper, che in un gioco basato sulla politica e l'interazione informale tra i giocatori, voleva dire lavoro da fare e incombenze da assolvere. Dopo qualche tempo, provando un altro titolo coreano che al momento non mi sovviene, ho risentito quel "Ding" inconfondibile e sono subito scattato sull'attenti, per poi accorgermi che era il suono del level up. Visto il ricordo ossessivo di quel suono, l'ho identificato istantaneamente, senza il minimo dubbio di quale fosse la sua provenienza.
Ora questa sovrabbondanza di prodotti scadenti, secondo la nostra logica occidentale, sarebbe dovuto concludersi in una vampata di fallimenti o risultati mediocri, seguiti da un'interruzione dei tentativi da parte degli arrivisti di sfidare il mercato e la sorte con prodotti poco ispirati e mal realizzati. Purtroppo, o per fortuna, non fù così.
Le motivazioni sono più d'una e di certo non facili da individuare. Il modo migliore è sintetizzare il ciclo di vita di uno di questi giochi, inquadrandolo nel mercato coreano e capire di conseguenza, la macchina diabolica che alimenta questa fabbrica del marciume, che, come vedremo, ha condizionato non poco il mercato occidentale, vero punto di interesse per noi.
Ovviamente tutti i passaggi presi in esame sono una sintetizzazione orientata ad individuare i punti comuni alla maggior parte degli Mmo "arrangiati" che vengono sviluppati in Corea. Non è quindi rappresentativo di diverse fasce di prodotti free come quelle legate ai grandi brand coreani.
Lo sviluppo inizia da un'idea, spesso abbastanza settoriale, che darà al titolo l'impronta del gameplay che a sua volta influenzerà l'hype e la promozione. Con un investimento iniziale relativamente limitato, inizia lo sviluppo tramite aziende esterne come abbiamo spiegato poco fà.
In tempi brevi il gioco giunge a completamento e nel frattempo si dà il via ad una campagna promozionale per creare hype intorno al titolo. Una delle grandi differenze tra la Corea e l'occidente, è che anche i casual si informano e seguono con regolarità i siti di informazione videoludica (o i programmi radiotelevisivi), cosa che in occidentente, per gli Mmo non succede nemmeno per chi gioca da parecchi anni.
Vi è quindi un burst iniziale di utenza che si tuffa sul gioco novità. La chiave per capire tutte le conseguenze che questi prodotti creano, è proprio qui. Infatti il publisher punta tutto sulle prime settimane di gioco per convincere i propri player a fare acquisti per poi abbandonare l'utente. Perchè non puntare quindi su una strategia di lungo periodo per fidelizzare gli utenti?
Il motivo è semplice: il mercato viene inondato regolarmente da tantissimi di questi prodotti che si rubano utenza a vicenda. Non ha quindi senso sperare di mantenere l'utente sul proprio gioco oltre un certo lasso di tempo perchè questo implicherebbe costi maggiori, tempi di sviluppo più lunghi, maggiori costi server e di supporto. Perciò questi prodotti concentrano tutti i contenuti nelle primissime fasi e quando non hanno più nulla da dare, annegano tutto nel grind per impedire all'utente di arrivare troppo presto all'endgame.
A questo punto arriva solo una piccolissima parte degli utenti. Vengono quindi inseriti contenuti fittizi di endgame, come siege settimanali o sistemi PvP molto semplici. Statisticamente quindi si riesce a mantenere una bassissima percentuale di utenti che permane sul gioco, quasi sempre pagando, perchè lo trova particolarmente affine ai propri gusti e ha interessi nel non spostarsi, come ad esempio una gilda affiatata.
Il gioco quindi, se la Corea fosse un mercato chiuso, sarebbe in una fase di stallo o di lenta decadenza, in cui si è rientrati nella spesa iniziale e si ha un guadagno limitato in lenta decrescita. Da questo momento in poi, solitamente dopo 3-4 mesi dal lancio, il gioco si prepara al prossimo salto, ovvero l'esportazione.
Affidandosi a publisher esteri, con varie forme di revenue share o pagamenti una tantum, gli sviluppatori riescono a tirare su altri soldi rifilando ad investitori stranieri interessati a pubblicare un nuovo gioco in patria. Il problema di fondo è che i mercati esteri sono profondamente diversi da quello coreano e questi titoli "mono-uso" mal si adattano alle richieste degli utenti.
Si potrebbe presupporre quindi che questi riescano al meglio a ripetere in terra straniera i risultati avuti nella terra natia. Qui avviene una delle tante tristi contraddizioni che caratterizzano il mercato in cui viviamo. La genialità dei publisher occidentali sta nel proporre questi titoli come prodotti pensati per durare mesi e mesi a persone che non hanno idea di cosa sia un Mmorpg. Parleremo in dettaglio di questo più avanti.
Tornando al nostro sviluppatore coreano, possiamo vederlo al lavoro su nuovi update per il titolo per continuare a incassare dal publisher estero interessato a far durare il gioco, cosa fattibile con update miseri se comparati con i normali prodotti free o a pagamento. Perciò con un costo minimo si riesce ad accontentare i pochi utenti rimasti in patria e quelli esteri, facendo cassa per passare allo sviluppo del prossimo gioco.
30 marzo 2010
Free to Play Opera - Capitolo 0 - Prefazione
I Mmorpg e i Coag Free to Play, da alcuni anni, sono una tematica calda su cui tutti si sentono di dir la loro credendo di scoprire l'acqua calda. "I F2P massacreranno i P2P che sono destinati ad estinguersi". "I F2P non possono garantire i livelli di qualità dei P2P". "I F2P vanno bene solo per i più giovani".
Di cazzate se ne sono dette tante, fondamentalmente perchè buona parte dei miei colleghi o degli utenti è totalmente ignara dei principi fondamentali che fanno da base a questo mercato ormai consolidato: profetizzare andamenti di mercato, cambiamenti sociali, evoluzioni a livello videoludico son tutti bei passatempi ma non mi ci voglio sporcare le mani e fare figure barbine.
Perciò in questa serie di post che andranno a comporre un lungo articolo, mi limiterò a raccogliere una serie di fatti, dati tangibili, esempi passati e conoscenze sparse su quello che è fondamentalmente un modello di business come un altro, nonostante le mistificazioni fatte sia dai detrattori che dai sostenitori.
La questione non è semplice e volerla sintetizzare in pochi punti, cercando di dipanare una matassa veramente grande, risulta utile solo a creare maggior confusione e disinformazione: cercherò quindi di approfondire ogni singolo aspetto legato ai prodotti Free.
Inizieremo parlando di quella che è stata la culla dei Free To Play, ovvero il mercato orientale, in particolare quello cinese e coreano, ma prima vorrei ribadire, a costo di essere ripetitivo, un concetto semplice che però, in Italia, sembra essere totalmente ignorato.
L'italiano viene dipinto spesso e volentieri come approfittatore ed opportunista e vien da sè che la parola Free To Play, a sud delle Alpi, è sempre stato tradotto come gratuito. Errore madornale, non tanto per le implicazioni linguistiche trascurabili, quanto per le aspettative che l'utente si fa di un prodotto gratuito.
L'utente italico medio, scoprendo questo mondo, si scandalizza dei vantaggi dati da chi paga. "Ma come? E' gratuito ma vince chi paga? È ingiusto." Quante volte l'avete letto nei forum o nella chat di gioco? La motivazione di fondo è che i publisher, quasi sempre stranieri, quando dicono F2P dicono una cosa mentre gli italiani ne capiscono un'altra.
Free To Play va quindi tradotto come "Ad accesso libero", intendendo Free come libero e non come gratuito, entrambi significati pienamente legittimi in lingua d'Albione. All'estero tuttavia il significato è tendenzialmente univoco e la parola Free To Play, almeno da noi, la vedrete sempre e solo usata in questo senso.
Di cazzate se ne sono dette tante, fondamentalmente perchè buona parte dei miei colleghi o degli utenti è totalmente ignara dei principi fondamentali che fanno da base a questo mercato ormai consolidato: profetizzare andamenti di mercato, cambiamenti sociali, evoluzioni a livello videoludico son tutti bei passatempi ma non mi ci voglio sporcare le mani e fare figure barbine.
Perciò in questa serie di post che andranno a comporre un lungo articolo, mi limiterò a raccogliere una serie di fatti, dati tangibili, esempi passati e conoscenze sparse su quello che è fondamentalmente un modello di business come un altro, nonostante le mistificazioni fatte sia dai detrattori che dai sostenitori.
La questione non è semplice e volerla sintetizzare in pochi punti, cercando di dipanare una matassa veramente grande, risulta utile solo a creare maggior confusione e disinformazione: cercherò quindi di approfondire ogni singolo aspetto legato ai prodotti Free.
Inizieremo parlando di quella che è stata la culla dei Free To Play, ovvero il mercato orientale, in particolare quello cinese e coreano, ma prima vorrei ribadire, a costo di essere ripetitivo, un concetto semplice che però, in Italia, sembra essere totalmente ignorato.
L'italiano viene dipinto spesso e volentieri come approfittatore ed opportunista e vien da sè che la parola Free To Play, a sud delle Alpi, è sempre stato tradotto come gratuito. Errore madornale, non tanto per le implicazioni linguistiche trascurabili, quanto per le aspettative che l'utente si fa di un prodotto gratuito.
L'utente italico medio, scoprendo questo mondo, si scandalizza dei vantaggi dati da chi paga. "Ma come? E' gratuito ma vince chi paga? È ingiusto." Quante volte l'avete letto nei forum o nella chat di gioco? La motivazione di fondo è che i publisher, quasi sempre stranieri, quando dicono F2P dicono una cosa mentre gli italiani ne capiscono un'altra.
Free To Play va quindi tradotto come "Ad accesso libero", intendendo Free come libero e non come gratuito, entrambi significati pienamente legittimi in lingua d'Albione. All'estero tuttavia il significato è tendenzialmente univoco e la parola Free To Play, almeno da noi, la vedrete sempre e solo usata in questo senso.
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